L’eliminazione
del superfluo si traduce, nel lavoro di Alfredo Mazzotta, in una
purezza formale intimamente concepita e lentamente maturata. Ogni
creazione sembra plasmata dalla furia dei venti o dalla paziente
risacca del mare. E’ stato un fuoco divino a far espiare alla
materia le impurità che ne offuscavano l’anima, ed essa rinasce
ribattezzata nel nome di un intelletto fulgido, lontano dalla
possibilità di comprensione umana. Inducono alla contemplazione
queste sculture, che rispecchiano sempre un’originaria idea
archetipica di nascita, di morte e di tutto quello che vi si
frappone. La visione è immediata, spogliata da tutto quello che
potrebbe essere forviante nella tensione verso la conoscenza. Alfredo
Mazzotta ha fatto propria la sinuosità delle dune del deserto, in
scambievole somiglianza con un voluttuoso corpo di donna. Il peso
visivo dell’opera è la misura su cui si articola il movimento, che
non cede mai allo squilibrio o alla frenesia creativa. L’artista
abolisce la fissità tagliente dello spigolo a favore di una
continuità curvilinea, che vive di una fluidità cosmica.
L’incessante contrasto tra spirito e materia risuona ricco di
sfumature musicali tra le mani dello scultore e sposta l’attenzione
sui conflitti e gli interrogativi dell’esistenza.
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