La cultura classica e arcaica sono state le passioni
predilette dello scultore Henry Moore. L’artista, figlio di un umile minatore
irlandese, era nato a Castleford, nello Yorshire, nel 1898, ed è stato tra i
principali rinnovatori del Novecento. Finita la guerra, si iscrisse alla Scuola
d’Arte di Leeds e poi alla Royal College, di Londra. Ma, come tutti i veri personaggi alla ricerca di una dimensione più
ricca e personale, frequentò il British Museum e il Museo di Scienze Naturali.
La conoscenza dell’antico, unita all’osservazione delle forme presenti nella
natura, influenzarono in modo tangibile il suo stile espressivo. A dare quel
pizzico di dinamicità alle sue creazioni è stata invece l’osservazione delle
sculture vorticiste, di Jacob Epstein. Attraverso il prezioso contributo
economico ottenuto grazie ad una borsa di studio, nel 1925, Moore poté
viaggiare in Francia, Italia e in Spagna. Questa esperienza sarà un momento
cruciale per la sua evoluzione. La forza del Cubismo, l’armonia del
Rinascimento, insieme agli spunti introdotti dall’arte di Brancusi, di
Modigliani e di Lipchitz, diverranno materiale da plasmare per fare nascere il
suo profilo artistico dai tratti inconfondibili. Una lenta maturazione, in cui
l’artista comprese e assorbì le novità di tutte le proposte viste, forgerà dunque un animo
profondamente umanista. Una tensione verso l’arcaismo è rintracciabile in
queste prime opere, a cui risalgono i temi che poi saranno caratteristici del
suo lavoro, ovvero: la maternità e la figura statica. Il 1934 è stato l’anno in
cui l’artista iniziò a sentire l’esigenza di scavare la materia creando delle
cavità che, secondo la sua visione, avevano la stessa importanza delle masse:
vuoto e pieno erano due facce della struttura spaziale. Il periodo maturo di
Henry Moore si può descrivere nella complementarietà, come lo dimostra, ad
esempio, la scultura “Figure giacenti”, del 1951, in cui non è il dettaglio ad
essere importante ma il generale. Oggi ci rendiamo conto che nella sua arte
tutto dialoga e il senso di unione si fa commovente accadimento. Insieme alla
serie delle “piccole teste” e “gruppi familiari” la riflessione sulla misura si
estende fino ad abbracciare valori monumentali. Anche l’astrattismo ha trovato
in lui una precisa rivisitazione, come possiamo notare in “Two Shapes”, dove i
volumi si assemblano con naturalezza, a ricordo delle varietà in natura e degli
elementi che modellano la terra. “Nudo sdraiato”, del 1939, resta un chiaro
omaggio alla bellezza contenuta nei tronchi degli alberi. La figura è appena
percettibile, come se stessimo osservando la mutazione di un essere umano in
vegetale, che riporta alla memoria il celebre mito di Dafne. Traendo le somme
sul suo percorso, potremmo dire che la sua energia è potente, convogliata nei
suoi corpi che sembrano sul punto di deflagrare. Qualcosa di leggendario e
luminoso si oppone a qualcosa di estremamente tragico e cupo: all’interno delle
sue creazioni arde un fuoco che appartiene ad altre dimensioni. L’essenza non è
mai completamente manifestata, perché queste creature sono distanti dalla
nostra vita e dalle nostre percezioni. A completare la sua ricerca, lo scultore
ci ha lasciato anche esempi di pittura e di grafica, come i celebri 67 schizzi
dello “Shelter Sketchbook”, veri documenti storici sui ricoveri antiaerei a
Londra.
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