La sintesi volumetrica pone l’attenzione sull’analisi
plastica e spaziale, che deriva da una concezione architettonica di
progetto-idea che sostiene il successivo sviluppo creativo. La lezione cubista,
con le sue rivoluzioni grammaticali, è stata assorbita e mediata da Orazio
Barbagallo attraverso una ricerca estetica che si orienta verso un’ asciuttezza
formale ed un ritmo lineare. L’artista supera le barriere del naturalismo e del
verismo, per indirizzarsi verso l’interpretazione della figura umana, che
appare trasformata soprattutto nelle masse muscolari e nelle proporzioni. In
questo sistema, che vede sostituire al vero l’immaginario, diventa importante
il modo in cui viene risolta la fusione tra il singolo elemento e l’insieme, al
fine di legare in maniera coerente il tutto.
Per quanto riguarda questo
aspetto, lo scultore riesce a dominare la composizione con estrema naturalezza
e lucidità. Anche il ruolo della luce appare determinate. Per l’artista la
percezione espressiva del corpo plastico è modulata dalla contrapposizione dei
piani-luce e dei piani-ombra, ora volta a rendere una dominante più tesa alla
creazione, ora volta a restituire di essa una visione eroica. Il gioco di
commistioni tra andamenti curvi e retti dei profili, determina i movimenti
della composizione, bilanciando ed evidenziando le varie tensioni delle masse o
delle superfici. I suoi personaggi sono sempre intenti ad osservare qualcosa.
Questa scelta fa si che i soggetti riescano a stabilire un rapporto con
l’esterno, con l’altro da sé, che li rende partecipi di un’esistenza parallela
alla nostra. Le loro sembianze richiamano alla mente un lontano passato: la
monumentalità è la medesima della statuaria egizia, mentre l’organica
astrazione ricorda i kuros della Grecia arcaica. Ma al passato lontano, questi
misteriosi personaggi ci proiettano anche in un lontano futuro. L’umanità, per
Orazio Barbagallo, pare essersi evoluta, unitasi al gene di una razza aliena
giunta da un’oscura galassia.
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