“Per me fare l’insegnate di pittura non è un lavoro, l’arte è una passione”. Con queste parole Bernardo Ariatta
dimostra la sua autentica adesione vita - gesto creativo. Nato a Novara nel 1966,
fin da bambino è stato catturato dal fascino del dipingere tramite l’attività
dello zio. Proprio per questo motivo decide di iscriversi ad una scuola di
grafica e, successivamente, al Liceo Artistico serale. Il suo talento è stato
confermato da vari riconoscimenti, tra cui il “Premio Ambiente” di Stresa.
Inoltre l’artista ha esposto le sue opere alla Biennale di Venezia, Montecarlo,
Parigi e in Cina.
Perché hai scelto di diventare un pittore iperrealista? L’astratto non mi ha mai
interessato, mi è sempre piaciuto rappresentare la realtà. Per mia tendenza,
sono preciso e pulito nell’esecuzione. Tendo a ricercare il soggetto fino al
parossismo, per questo chi affronta questo genere deve avere capacità di
concentrazione. L’iperrealismo non è solo tecnica, è anche creatività: sono due
componenti estremamente legate.
Guy de Maupassant diceva: ”Un opera d’arte è superiore soltanto se è,
nello stesso tempo, un simbolo e l’espressione esatta della realtà”. Credo che questo concetto descriva bene il
tuo lavoro…:
”Possiamo ritrovare simboli del passato nei dipinti che ritraggono volumi
dedicati a Caravaggio e Cerano o nelle composizioni di frutti e ortaggi, in
ricordo della pittura dell’800. Poi ci sono anche i simboli della mia infanzia,
rappresentati dalle caramelle e dalle biglie, e i miti della contemporaneità
come il tablet. Per me uno dei soggetti più belli è il corpo umano, così cerco
di sondare l’animo umano”.
Cos’è per te la creatività?: “E’ il fare. Lavorare ti porta a diventare sempre più
creativo, più dipingo più mi sento ispirato”.
Parlaci della tua tecnica: “Parto dal titolo che l’opera avrà, mi sento come il regista
di un film, quindi costruisco il mio set. Reperisco gli oggetti che mi
occorrono, cerco la luce che li renda al meglio, poi scatto varie fotografie.
Quella che risulta più interessante diventerà l’opera dipinta. Per quanto
riguarda la pittura in sè, uso l’olio e il metodo diretto, cioè inizio da un
oggetto e lo finisco con varie velature. Dipingo una tela per volta. La
composizione è come una musica orchestrale, infatti inserisco più oggetti di
modo che chi osserva possa costruire una sua linea narrativa e ascoltare
l’oggetto che preferisce”.
Hai una scuola di pittura, come imposti il tuo lavoro?: “Dal 2009 ho aperto questa scuola e
vivo solo vendendo i miei quadri e facendo l’insegnante. Il gruppo degli allievi
è molto eterogeneo. A seconda del loro livello impostiamo le tele, accetto
anche chi non ha mai avuto esperienza con la pittura. Cerco di sviluppare le
loro qualità, non impongo nulla. Sono loro a dovere pensare alla progettazione
dell’opera. All’inizio sono più legati alla copia da fotografie esistenti, poi
crescono e trovano tematiche proprie. A volte mi viene richiesto di insegnare
altre tecniche pittoriche, come la spatola ad esempio. Ad ogni lezione insegno
qualcosa di nuovo, perché io stesso imparo sempre dipingendo…”.
“Se il mondo fosse chiaro, l’arte non esisterebbe” ha detto Albert Camus,
cosa significa per te fare arte?: “E’ come respirare, è vivere. Tramite l’arte esprimo me
stesso”.
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