TORINO - PRERAFFAELLITI IN MOSTRA




L’aspetto delle cose varia secondo le emozioni; e così vediamo magia e bellezza in loro, ma, in realtà, magia e bellezza sono in noi”, ha detto Kahlil Gibran. Palazzo Chiablese ospiterà, fino al 13 luglio, alcuni tra i più conosciuti capolavori della confraternita preraffaellita. Le tele provengono dalla Tate Gallery di Londra. La mostra dal titolo "Preraffaelliti. L'utopia della bellezza" è stata suddivisa per sezioni al fine di rendere al visitatore chiarezza e comprensibilità. Il termine “preraffaellitismo” designa un movimento nato durante l’epoca vittoriana in Gran Bretagna, intorno al 1848, in opposizione all’Accademismo. Questi artisti si erano proposti di riportare in auge gli esiti pittorici precedenti a Raffaello Sanzio  perché, secondo il loro punto di vista, lui aveva inquinato il concetto di natura, idealizzandola. La mostra è arricchita da molte opere simbolo del periodo, soprattutto una: “Ophelia”, di John Everett Millais. La modella che ha posato è Elizabeth Siddal, futura moglie di Dante Gabriele Rossetti. Ophelia galleggia esanime sull’acqua, attorno a lei, a farle da cornice ci sono dei fiori, tra cui i papaveri, che  fanno riferimento alla morte e alla fragilità. Ciò che in essa colpisce è l’estrema cura dei dettagli. Attraverso questa opera l’artista introduce un nuovo concetto di bellezza femminile. Per i preraffaelliti arte e vita si fondono, come mostra la tela “Chatterton”, eseguita da Henry Wallis. Il giovane ritratto è un poeta, suicidatosi con l’arsenico e proposto come martire della società. Sullo sfondo si apre una finestra: tutto è opposizione fuori la vita continua, dentro la stanza solo silenzio e disperazione. Fra i soggetti in mostra non mancano quelli di matrice religiosa. A riguardo, lo stesso Millais è presente con un’altra opera cardine. “Cristo in casa con i suoi genitori” ci mostra l’interno della bottega di un falegname. L’artista fa ricorso alla simbologia: la squadra triangolare fa riferimento alla Trinità, il martello e i chiodi alla crocifissione e la colomba incarna la presenza dello Spirito Santo. Lo studio della natura è un punto focale per questi autori. Tra le opere ispirate a questo tema quella di John Brett, intitolata “Il ghiaccio di Rosenlavi”, suscita un forte impatto emotivo. L’atmosfera del dipinto è metafisica. A dominare sono le tonalità grigio-azzurre, mentre  la tecnica  sembra anticipare le soluzioni iperrealiste del ‘900. Tra i capolavori esposti, anche la celebre “Beata Beatrix”, di Dante Gabriele Rossetti. La donna ritratta ha gli occhi chiusi, una luce dorata sembra espandersi da lei ed una colomba rossa le è accanto, come specchio dello Spirito Santo e dell’amore. A concludere il percorso espositivo è sempre Rossetti, con tre tele di eccezionale suggestione estetica. Sensuale, fiera e radiosa, “Monna Vanna” gioca con la sua lunga collana di corallo, avvolta in vesti preziose, che la presentano come una vittoriosa principessa. Le fa da contraltare “Proserpina”, dallo sguardo pensoso e  profondo: il suo volto ricorda l’ideale estetico ellenico, severo ma affascinante. “L’amata” è un ritratto di “ritratti”. Al centro della composizione spicca il volto dolce della sposa, incorniciato da un vivido drappo verde. I gigli, anziché bianchi, sono rossi, in riferimento all’erotismo: e tutto vira in favore di una visione che tende volutamente a rapire lo spettatore e riportarlo in un tempo antico e magico.

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